Vi siete mai chiesti perché, anche da adulti, continuiamo a fare errori ortografici? E perché alcuni bambini facciano particolare fatica ad imparare le regole della scrittura di certe da parole? E cosa si nasconde dietro doppie, H, GN, GL ecc.?

L’ortografia è, in tutte le lingue, il sistema che rende possibile la trascrittura del parlato e la lettura dello scritto. Ci sono lingue più “trasparenti”, tra cui l’italiano, nella quale le regole ortografiche sono poche e relativamente semplici (molto relativamente visto che molti di noi faticano comunque ad acquisirle) e lingue più “opache” in cui le regole sono molte e complesse (ad esempio l’inglese, che però ha, di contro, una minore complessità morfologica rispetto alla lingua italiana!).
Perché queste differenze? Il sistema di scrittura non potrebbe essere completamente trasparente, risparmiandoci tempo e fatica?
Il nodo della questione è semplicemente questo: le lingue verbali si modificano continuamente e la lingua scritta, in quando culturalmente organizzata, condivisa e insegnata, semplicemente… non riesce a “star dietro” ai ritmi evolutivi del parlato!
L’italiano usa un alfabeto, quello latino, nato per trascrivere un’altra lingua (2000 e passa anni fa!), nel frattempo la lingua è evoluta, approdando dopo molte e variegate vicissitudini, all’italiano standard attuale (che a sua volta si articola nelle varianti regionali e locali), anch’esso in perenne divenire.
Semplificando un po’, di fatto l’italiano è composto da 30 suoni, mentre l’alfabeto ha solo 21 lettere. Ecco che l’ortografia è essenziale per permettere il passaggio tra un sistema all’altro!
Prima di addentrarci condividiamo un ricordo: ai tempi dei primi cellulari, quando il sistema di scrittura automatizzata non c’era o non era così efficiente, molti di noi (peccato di gioventù) usavano parole come KE o KOSA… usando la K per sostituire la C “dura” (quella di CASA, CANE, COSA in opposizione a CENA, CIELO, CIBO). Ecco, questo era un tentativo spontaneo di adattare il sistema di scrittura alla lingua parlata… non recepito (per fortuna o aimè, dipende dai punti di vista) dal sistema ortografico italiano ed annullato dai super efficientissimi sistemi di scrittura dei nostri attuali cellulari.
Entriamo nel merito della nostra lingua e vediamo un elenco dei suoni della lingua italiana. Siamo nel campo della fonetica, che studia i suoni caratteristici di ogni lingua. Se una persona impara una L2, cioè una lingua non nativa, pronuncerà le parole in modo “strano” (comunemente i parlanti nativi di quella lingua diranno che “ha l’accento”): questo avviene perché, se non acquisito nei primi anni di vita, la pronuncia di questi suoni sarà “inesatta”, perché il nostro apparato fonatorio perde, dopo qualche anno di vita, l’elasticità per produrre correttamente suoni a noi non familiari.
Torniamo ai suoni della lingua italiana: semplificando un po’ possiamo dire che l’italiano standard è prodotto con 7 vocali, 21 consonanti e… 2 semivocali. Ogni suoni è pronunciato con una complessa articolazione degli organi fonatori (polmoni, trachea, laringe, bocca, denti, lingua, labbra). Per semplicità presentiamo i suoni già all’interno delle parole.
Le vocali sono quelle presenti in: FINE, MÉNO, CÈNTO, PANE, SUÒRA, CÓSA, CUBO
La differenza tra É e È e tra Ó e Ò è che le prime di ogni coppia sono dette “chiuse”, le seconde “aperte” in riferimento alla posizione della bocca durante la pronuncia. A seconda della varietà regionale che usate quotidianamente afferrerete questa differenza oppure no perché in alcune regioni la pronuncia è la stessa sia nelle parole che l’italiano standard vorrebbe con pronuncia aperta, sia quelle a pronuncia chiusa.
Ecco le consonanti:
- PAPA
- BACIO
- MAMMA
- FATA
- VASO
- TAVOLO
- DADO
- SASSO
- ROSA
- SPAZIO
- ZIO
- NASO
- LANA
- RANA
- SCELTA
- CENA
- GIRA
- RAGNO
- FOGLIO
- CANE
- GATTO
Inoltre ci sono due suoni, chiamati semivocali o semiconsonanti, che si trascrivono come vocali, ma che hanno una pronuncia diversa e compaiono sempre nei dittonghi, cioè uniti a vocali:
UOMO
IERI
Se proviamo ad incrociare questi suoni con l’alfabeto cosa succede?
A B C D E F G H I L M N O P Q R S T U V Z
- Alcune lettere corrispondono a suoni diversi: C e G, ma anche I e U (vocale o semivocale), S e Z pronunciate in modo diverso in alcune parole, E e O “aperte” e “chiuse”.
- L’H non ha corrispondenza di suono: ha infatti valore grammaticale con C (china rispetto a cina) e G, nel verbo avere e nelle esclamazioni.
- La Q è una variante di C, nel senso che si pronuncia allo stesso modo, e la sua presenza è etimologica (cioè dipende dall’evoluzione di quella parola dal latino all’italiano), infatti in cuore e quadro la pronuncia del primo suono è uguale.
- GN, SC, GL costituiscono un solo suono, ma sono scritti con digrammi (non abbiamo infatti delle lettere che identifichino questi suoni).
- Segnaliamo inoltre che esistono suoni pronunciati in modo molto simile (provate a pronunciarli davanti uno specchio e vedrete che la bocca fa lo stesso movimento, infatti la differenza sta nelle corde vocali che si “attivano” oppure no) ovvero P e B, F e V, T e D, che infatti sono spesso confuse dai bambini nei dettati.
- In alcune parole la grafia è etimologica (ad es. si scrive SCIENZA e SCELTA senza che la prima sillaba sia in realtà pronunciata in modo diverso).
Ci sono inoltre altre difficoltà ortografiche che identificano l’uso dell’accento, delle doppie e della punteggiatura.
L’accento grafico è posizionato solo quando l’accento fonetico (cioè la pronuncia con maggiore forza di una delle vocali, presente in tutte le parole) cade sull’ultima sillaba. Le doppie sono costituite da un suono più lungo (e non da un doppio suono) e la punteggiatura deriva dall’intonazione, cioè dal tono con cui pronunciamo una domanda, una frase affermativa o esclamativa.
Da questo breve e un po’ superficiale excursus, ne deriva che la capacità alla base della letto scrittura sia l’identificazione del suono e della sua corrispondente lettera. Questa si chiama metafonologia ed è la capacità di riconoscere i suoni della lingua ed associarli successivamente alla lettera corrispondente. Questo può avvenire a partire dai 5 anni, acquisendo le competenze metafonologiche (vedi articolo La metafonologia, competenza chiave nell’apprendimento della lettoscrittura).
Successivamente il bambino dovrà imparare le regole ortografiche “particolari” che abbiamo qui spiegato. Riteniamo che una buona competenza metafonologica e una chiarezza su quali siano le regole ortografiche e quale meccanismo fonologico nascondano, siano l’unica via per un’acquisizione sicura e permanente delle abilità ortografiche (o per il recupero delle stesse, anche e soprattutto in caso di bisogni linguistici speciali).
Emanuela Valenzano
Bibliografia:
Berruto G., Corso elementare di linguistica generale, Torino, utet/De Agostini, Novara 2006.
Ferreiro E., Teberosky a., La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti Barbera, Firenze 1985
Grimaldi m., il cervello fonologico, Carocci editore, Roma 2019